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Sentenza della Cassazione: fare sesso è un diritto. Se compromesso va risarcito
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Sentenza della Cassazione: fare sesso è un diritto. Se compromesso va risarcito
Tra le news dello Studio Cataldi:
Anche la perdita o la riduzione della sessualità vanno risarcite come danno biologico.
Lo ha stabilito la corte di Cassazione affermando che fare sesso costituisce un "modus vivendi essenziale per l'espressione dello sviluppo della persona" e quindi un diritto.
Quando un simile danno deriva da violenza oppure da fatto colposo come nel caso di responsabilità professionale medica va riconosciuto il diritto al risarcimento. La Corte con sentenza 13547/2009 ha ha accolto il ricorso di una donna che, per fatto attribuibile a colpa medica, aveva subito un intervento di isterectomia che aveva compromesso, tra l'altro, la sua vita sessuale.
Il Tribunale non ne aveva voluto sapere di riconoscere il richiesto risarcimento del danno non considerando risarcibile nè quello subito alla vita sessuale nè quello di natura estetica. Il primo verdetto veniva ribaltato dalla corte di Appello che riconosceva alla donna 114mila euro di risarcimento sotto il profilo del danno biologico continuando però a negare il diritto al risarcimento del danno alla vita sessuale.
In questo caso i giudici dell'Appello avevano sostenuto che non era stata raggiunta la prova "di uno stato depressivo persistente conseguente all'intervento operatorio".
Il caso finiva dunque in Cassazione dove ai Supremi Giudici è stata chiesta la luquidazione di una somma maggiore visto che l'asportazione dell'utero aveva inibito la vita sessuale.
Accogliendo il ricorso, Piazza Cavour ha rnviato il caso alla Corte d'Appello sottolineando che alla donna dovra' essere riconosciuto un danno maggiore visto che "la perdita o la riduzione della sessualita' costituisce anche danno biologico e nessuno ormai nega che la perdita o la compromissione anche soltanto psichica della sessualita' (come avviene nei casi di stupro e di pedofilia) costituisca di per se' un danno, la cui rilevanza deve essere apprezzata e globalmente valutata". La cassazione chiarisce infine che si dovra' tenere conto anche delle ripercussioni psichiche che ci possono essere su una persona inibita sessualmente.
di Roberto Cataldi - tratto da www.studiocataldi.it
13/06/2009
Anche la perdita o la riduzione della sessualità vanno risarcite come danno biologico.
Lo ha stabilito la corte di Cassazione affermando che fare sesso costituisce un "modus vivendi essenziale per l'espressione dello sviluppo della persona" e quindi un diritto.
Quando un simile danno deriva da violenza oppure da fatto colposo come nel caso di responsabilità professionale medica va riconosciuto il diritto al risarcimento. La Corte con sentenza 13547/2009 ha ha accolto il ricorso di una donna che, per fatto attribuibile a colpa medica, aveva subito un intervento di isterectomia che aveva compromesso, tra l'altro, la sua vita sessuale.
Il Tribunale non ne aveva voluto sapere di riconoscere il richiesto risarcimento del danno non considerando risarcibile nè quello subito alla vita sessuale nè quello di natura estetica. Il primo verdetto veniva ribaltato dalla corte di Appello che riconosceva alla donna 114mila euro di risarcimento sotto il profilo del danno biologico continuando però a negare il diritto al risarcimento del danno alla vita sessuale.
In questo caso i giudici dell'Appello avevano sostenuto che non era stata raggiunta la prova "di uno stato depressivo persistente conseguente all'intervento operatorio".
Il caso finiva dunque in Cassazione dove ai Supremi Giudici è stata chiesta la luquidazione di una somma maggiore visto che l'asportazione dell'utero aveva inibito la vita sessuale.
Accogliendo il ricorso, Piazza Cavour ha rnviato il caso alla Corte d'Appello sottolineando che alla donna dovra' essere riconosciuto un danno maggiore visto che "la perdita o la riduzione della sessualita' costituisce anche danno biologico e nessuno ormai nega che la perdita o la compromissione anche soltanto psichica della sessualita' (come avviene nei casi di stupro e di pedofilia) costituisca di per se' un danno, la cui rilevanza deve essere apprezzata e globalmente valutata". La cassazione chiarisce infine che si dovra' tenere conto anche delle ripercussioni psichiche che ci possono essere su una persona inibita sessualmente.
di Roberto Cataldi - tratto da www.studiocataldi.it
13/06/2009
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