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Resoconto della mia tragicomica avventura in Slovacchia

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Messaggio Da marco paollini Mer 21 Set 2011, 12:21

Resoconto della mia tragicomica avventura in Slovacchia

A maggio inizio a lavorare come stagista in una scuola di italiano per stranieri per due mesi, è la mia prima esperienza lavorativa seria e sono molto emozionato. Sono ben cosciente della mia goffaggine e della mia inesperienza, ho paura di fare brutte figure ma in realtà credo di cavarmela abbastanza bene, faccio l’aiutante del professore e l’ambiente mi dà la possibilità di conoscere gente da tutto il mondo, viaggiare un po’ nei dintorni come accompagnatore nei viaggi organizzati dalla scuola, insomma di fare un po’ di esperienza e sbloccare un po’ la mia asocialità patologica che mi fa vivere da semirecluso in casa da 5 anni.
Nel mese di giugno arriva una nuova “ondata” di studenti, e nella mia classe mi ritrovo una ragazza slovacca di venti anni che durante la lezione mi fissa continuamente e mi sorride ogni volta che incrocio il suo sguardo. A fine lezione, un giorno, mi dice che quella sera c’è una piccola festa nel suo collegio e che se voglio posso trovarla là. Per farla breve, tra me e lei inizia una storia d’amore che dura solamente 2 settimane, il tempo della sua permanenza in Italia. Ora, premettendo che all’età di 25 anni ho avuto solamente tre storie, di cui una a 15 anni puramente epistolare, un’altra a 18 durata due mesi e un flirt con una ragazza sudamericana a 20 anni, le mie esperienze in questo campo –come in quasi tutti gli altri campi della vita- erano piuttosto limitate. Ciò nonostante, sono riuscito miracolosamente a dare il meglio di me, a nascondere abbastanza bene la mia timidezza, così tanto da riuscire a farla innamorare, almeno credo, visto che l’ultimo giorno prima di partire mi aveva addirittura lasciato il suo anello d’oro come “pegno d’amore” e salutato dalla stazione in lacrime.
Ci separiamo dunque dopo 2 settimane che non esito a definire le migliori della mia vita, in cui tutto era andato perfetto, sentendomi felice e innamorato, finalmente! Veramente credevo di non essere capace di innamorarmi, ogni volta che conoscevo qualche ragazza e provavo ad uscirci un po’ mi rendevo conto di fregarmene, e così abbandonavo tutto con un senso di schifo verso me stesso.

Passano 2 mesi in cui ci mandiamo email e ci vediamo via skype. Crediamo tutti e due fortemente nel proseguire la storia nonostante le enormi difficoltà (l’enorme lontananza, soprattutto) perché ci sentiamo molto presi, lei lo dice in famiglia, io pure e mi metto anche a studiare lo slovacco. Prenoto il biglietto aereo con largo anticipo, passerò due settimane in Slovacchia ospite a casa dei suoi genitori, gli ultimi dieci giorni di agosto.
Ovviamente durante l’estate la mia perenne ansia e insicurezza cresce, mi prendono mille dubbi se lei sia presa quanto me da questa storia, se riuscirà a durare. Alla fine mi faccio coraggio e parto. E qui inizia la lunga odissea. Sono riuscito a trasformare una possibile vacanza romantica in un inferno, grazie al mio comportamento da nevrotico. Ancora oggi ci rifletto e non riesco a trovare spiegazioni plausibili.
Appena atterrato all’aeroporto, il rincontro è bellissimo. Due mani da dietro mi coprono gli occhi, è lei, bellissima, dopo due mesi esatti la rivedo. Dovrei scoppiare di felicità, e invece inizia a salirmi un leggero nervosismo. Sono in una nazione straniera, in compagnia della mia ragazza, tutto dovrebbe filare liscio, invece cominciano le paranoie. Cerco comunque di dissimulare il meglio possibile, lei non è sola, è lì con un’amica, i primi due giorni li passeremo ospiti in casa della sua migliore amica, insieme anche ad altri amici. E qui cominciano già i problemi. Io, come detto, soffro di una misantropia incurabile che mi porta ad una diffidenza spontanea verso tutti quelli che non conosco. Insomma, basta pochissimo per farmi sentire a disagio, fuori posto. Questo mi porta ad assumere un atteggiamento assurdo, che a seconda delle persone può venire giudicato da 1) scorbutico-orso 2) disadattato-strambo-pazzoide 3) sfigato.
Ho cercato a lungo le cause che mi portano ad assumere tale atteggiamento, e la risposta migliore che sono riuscito a darmi è che soffro di un fortissimo complesso di inferiorità. Un’inferiorità che investe tutti i campo, da quello estetico a quello intellettivo, anche se a quanto dicono non sono né brutto né stupido, anche se certamente sono goffo, maldestro, totalmente inesperto delle cose del mondo e affatto privo di senso pratico. Queste caratteristiche, però, più che la causa del mio senso di inferiorità, sembrano esserne la conseguenza.
In parole povere, per dare il meglio di me e risultare quindi simpatico e brillante devo trovarmi assolutamente nel mio ambiente, con persone che mi piacciono e che conosco da tempo. Sono totalmente incapace di adattarmi a nuove situazioni e questo mi porta a frequentare sempre le stesse poche persone, non osare mai, chiudermi in me stesso. Non ultimo dei problemi, tendo a stancarmi molto facilmente, e quando sono stanco divento incapace di ragionare e di cattivo umore.
Per tornare alla storia, io ero ben cosciente di tutti questi miei limiti e sapevo che potevano essere di ostacolo per la mia storia con lei, nonostante questo non immaginavo che le cose fossero precipitate così velocemente.
Dopo esserci fatti un giro per la città io, la mia ragazza e la sua amica, comincio ad avvertire un nervosismo e una scontentezza crescente. Mi sento stanco, il viaggio non è stato poi così lungo ma per il nervosismo la notte prima non avevo affatto dormito, vorrei andare in casa a riposare ma non oso chiederglielo, così le accompagno per la città in silenzio. L’inquietudine cresce quando la mia ragazza mi dice che passeremo la serata in giro per i locali di Bratislava.
Così io inizio lentamente a “suicidarmi”. La prendo da parte e le dico che non sono venuto in vacanza per passare le serate ad ubriacarmi con dei ragazzini, che avevo intenzione di passare la vacanza soprattutto soli io e lei e invece salta fuori che per un motivo o l’altro non potremmo mai stare soli. Lei mi spiega con tranquillità che in realtà tempo per stare insieme da soli lo troveremo, è di buon umore e non si arrabbia.
A me però il cattivo umore non passa, e continuo imperterrito nel mio progetto autolesionista.
Mi trovavo in una situazione nuova: durante le settimane in Italia ero io a gestire la situazione, a portarla nei posti, a presentarla agli amici, e lei era pronta a seguirmi dappertutto, entusiasta, calma, un po’ timida, dolce. Ora invece ero con lei, nella sua nazione, insieme ai suoi amici, padrona della situazione, sicura di sé.
E io sempre più irritato per il fatto che lei si curasse così poco del mio malumore, un pochino ubriaca, e questo mi metteva ancora più a disagio, diciamo che è subentrato anche il mio bigottismo nascosto: ero abituato a vederla sempre controllata e “santarellina”, tanto che l’avevo stupidamente idealizzata e “santificata”, un mio atteggiamento tipico quando mi innamoro. Così, probabilmente per catturare la sua attenzione, le dico che sono stanco e vado a farmi una passeggiata da solo. Lei accetta tranquilla e questo non fa che aumentare la mia rabbia e frustrazione. Quando li raggiungo di nuovo in discoteca, li raggiungo al loro tavolo e non spiccico una parola, né con lei né con i suoi amici, quando mi interpellano rispondo con monosillabi.
Ripensandoci ancora adesso, mi viene in mente che quella serata è come se non fossi io che stessi agendo in quel modo, ma come vittima di qualche sortilegio o impossessato. A fine serata, mentre li osservavo che ballavano allegramente in mezzo alla pista fregandosene – giustamente – del sottoscritto, seduto in un tavolo fingendo di mandare sms, mi sono chiesto: “ ma cosa sto facendo? Ho una ragazza bellissima dopo tantissimi anni, che rivedo oggi dopo due mesi, e mi comporto in questo modo?” Era come se mi fossi svegliato dall’incantesimo, ma era già troppo tardi. Prima di tornare con il pulman verso casa, la prendo di nuovo da parte e le dico , testualmente, se “ha intenzione di lasciarmi visto che si è accorta che sono pazzo”. Lei mi risponde che in quel momento, visto che era un po’ brilla, non riusciva a realizzare perfettamente la cosa, si sentiva solamente scioccata e delusa per il mio comportamento, ma che avrebbe provato nei prossimi giorni a dimenticare e perdonare”. Abbastanza risollevato, mi dico che anche se la strada si era messa in salita avrei fatto di tutto per aggiustare la situazione.
Purtroppo però la situazione non si aggiusta, anzi peggiora ogni giorno di più.
Il giorno successivo, prima di salutare i suoi amici e prendere il treno per raggiungere la casa dei genitori, faccio in tempo a chiedere scusa alle sue amiche per il comportamento del giorno prima, ritenendolo innanzitutto atto dovuto e poi sperando di ammorbidire la rabbia della mia ragazza. In realtà, lei è ancora di cattivo umore, e io ovviamente me ne accorgo subito. Più che arrabbiata, sembra delusa e rassegnata. Come temevo, lei si era fatta un’idea di me diversa, di persona sicura e socievole, ora si trovava davanti una persona totalmente diversa che stava per presentare ai genitori come il suo ragazzo e con cui doveva passare i successivi 12 giorni, e non sapeva se io potevo dar di matto nuovamente, forse era anche un po’ spaventata. Così decido di adattare la tattica dell’agnellino mansueto e sottomesso, cerco di essere gentile e premuroso, ma lentamente inizio a rendermi conto che è già tutto irrimediabile, lei costruisce un muro tra me e lei e assume un atteggiamento di totale distacco e freddezza al quale io rimango inerme.
Tutti i miei difetti vengono esaltati dal suo atteggiamento, ora. Passiamo i successivi 4 giorni in una sua casa in campagna, ovviamente con i suoi amici e con il suo fratellino di 14 anni, e lei mi tratta come se non ci fossi, come se fossi invisibile. Passa tutto il tempo a ridere e scherzare con i suoi amici, parlando rigorosamente in slovacco, e quando io tento di attirare la sua attenzione non faccio che dire frasi scontate e stupide (che faremo stasera? Cosa si mangia? Cosa studiano le tue amiche?) , a cui lei risponde educatamente, quasi senza guardarmi in faccia. E’ ovvio che una persona con le mie caratteristiche in una situazione del genere non può che andare in crisi. Ed infatti è quello che succede a me: mi deprimo profondamente e passo il tempo in silenzio mentre li accompagno nelle loro escursioni nei dintorni, riemerge il mio comportamento da orso, non parlo, non scherzo, divento impacciato, sfighe su sfighe tragicomiche si susseguono (un giorno mi cade il sugo sulla tavola, un altro una macchina che passa prende una pozzanghera e mi sporca i pantaloni, un'altra volta mi si rompe la bicicletta e son costretto a tornare a casa a piedi con la bicicletta a tracolla per 3km); lei col passare dei giorni passa da un atteggiamento di freddezza a uno di lieve ironia, in parte motivata (ve l’ho detto, sono impacciato, per certe cose anche un po’ stupido, ad es. lei ironizzava del fatto che non capissi le cose al volo, il che in parte è vero, in parte dipendeva anche dal fatto che il mio livello d’inglese non era pari al suo), in parte lo faceva solo per umiliarmi, o almeno questa era la mia sensazione. Mi dice ad esempio che anche se mi aveva dato come “pegno d’amore” il suo anello della prima comunione questo non significa che ha intenzione di sposarmi (ma chi gliel’aveva chiesto!!), oppure un altro giorno mi fa: “il primo giorno che sei arrivato ti sei comportato male con la mia migliore amica, che è la persona più importante che ho. Più importante di te. E io, zerbinissimo: “beh, già che mi paragoni a lei, mi fa piacere” E lei: “non ti offendere, ma non pensare che te sei la 2° persona più importante”. Ancora, il giorno in cui dovevamo prenotare l’ostello perché casualmente, per circostanze assolutamente fortuite, avevamo la possibilità di stare due giorni da soli. Appena vede che nella foto del sito c’è un letto matrimoniale, fa, in presenza di un nostro amico: “qui c’è un letto matrimoniale. Vorrà dire che tu dormirai nel divano,ok?”
Ora, di fronte a tutti questi episodi, qualcun altro con più carattere avrebbe reagito diversamente, mandandola a quel paese, oppure fregandosene altamente, oppure prendere e tornarsene a casa. Io invece ero come pietrificato, mi lasciavo trasportare e subivo reagendo in modo molto blando, oppure non facevo assolutamente nulla, ero come sotto ipnosi per lo shock, speravo solamente che il tempo trascorresse in fretta, pian piano vedendo che nulla cambiava perdevo le speranze di poter aggiustare le cose, non sapevo più nemmeno se lo desideravo. E poi, quando qualcuno ti fa sentire idiota, ecco che ti comporti ancora più da idiota di quello che sei. Così non riuscivo altro che a dire frasi banali, a fare domande banali, non riuscivo più a stabilire un contatto con lei, e la percezione profonda della stupidità del mio comportamento mi paralizzava ancora di più e mi rendeva ancora più innaturale.
Passo così gli ultimi due giorni di vacanza solo con lei, ovviamente con quelle premesse era difficile che andasse meglio, e infatti. Già all’inizio del viaggio in treno mi fa notare di essere di cattivo umore, risponde piccata a delle domande che io le faccio sulla madre e si mette a sentire la musica. Poi proviamo un po’ a discutere di cose banali, e sembra che non riusciamo a trovare un accordo su nulla. E’ dura, non sorride mai, è visibilmente annoiata, provo a prenderle la mano e mi fa: “questo non migliorerà le cose”. Poi, in un bar, finalmente si decide dopo le mie pressioni a confidarsi: “ mi dice che lei ha bisogno di un uomo forte, come suo padre, uno che sa come si sta al mondo, mentre in me ha visto – pienamente a ragione – una persona totalmente insicura (vero), priva di senso pratico (vero), tanto che ha avuto la sensazione di dover badare a me come se fossi un bambino, e incapace di divertirsi (vero). Alla fine mi dice pure che sono un po’ stupido, che le cose le deve ripetere sempre due volte. A mia difesa, posso dire che in quelle condizioni questi difetti, che comunque non nego, (anzi ha proprio colpito nel segno) hanno avuto modo in quelle circostanze di manifestarsi pienamente: io ho pochissima esperienza all’estero, non parlavo la lingua del posto, a volte avevo difficoltà a capire il suo inglese, e poi ho sempre vissuto in casa, non so aggiustare nulla né ci capisco nulla di auto o economia, insomma che io sia un incapace ne avevo sempre avuto il dubbio ma lei ora me ne ha dato la conferma. Attutito il colpo, passiamo un altro giorno a beccarci su qualsiasi cosa, più per far passare il tempo che per vera rabbia. Tipo sulla religione: lei è credente, io no. “vedi che non abbiamo nulla in comune, mi fa?” e questo è vero, solo che lo sapeva anche da prima. La mattina dopo mi lascia, su un parco pubblico come aveva fatto 7 anni prima l’unica ragazza seria che ho avuto. Mi dice le sue ragioni, mi dice che apprezza in me la sensibilità e i modi gentili, ma che non ha senso continuare, la lontananza, la lingua,etc. Io accetto, discuto serenamente, ingoio il rospo per evitare di scoppiare a piangere di fronte a lei: non voglio fare gli stessi errori del passato, quando ho dato di matto perdendo la dignità, agisco nel migliore dei modi a me possibile, in fondo dobbiamo stare insieme ancora 2 giorni. Scherzo, per quanto mi è possibile, la vedo un po’ rasserenata. Per concludere, gli ultimi giorni torniamo a passarli con i suoi amici, lei riprende il suo atteggiamento di indifferenza assoluta, fino agli ultimi 5 minuti. Quando la accompagno alla fermata degli autobus che la riporta a casa, torna a sorridere come mai l’aveva fatto durante la vacanza, io per scherzarle le dico “ora puoi tornare a sorridere, è tutto finito”, e lei mi dice che questa vacanza non è stata perfetta come avevamo sperato, ma che vorrebbe che rimanessimo amici, forse così è più facile, magari un giorno ci rivedremo etc. Io le dico di sì, in fondo non ha senso mettersi a discutere ora, e aggiungo che dovremmo provare entrambi a filtrare da tutta questa storia il bello che c’è stato e dimenticare, per quanto possibile il negativo. Lei mi dice di sì, mi dice che questa storia ci ha aiutato entrambi a crescere.
Poi mi abbraccia, mi prende la testa e mi dà un bacio forte sulla bocca, a stampo, io la accarezzo e lei sale nel pulman. Io rimango lì, lei mi saluta dal finestrino, e io rimango lì fermo per 10 minuti dopo che lei se n’è andata, con una gran voglia di piangere ma anche con la sensazione che quello è stato un bellissimo e inaspettato addio, che ha gettato una luce completamente diversa su tutto il viaggio. Perché si è comportata così alla fine dopo che per tutto il viaggio mi ha sempre trattato come un estraneo?
Conclusione: Tornato a casa, continuo a pensare a lei. Lei mi scrive messaggi per rassicurarsi che sono arrivato a casa sano e salvo ( mi aveva confidato un giorno di essere sicura che io da solo a Bratislava mi sarei perso dopo 5 minuti) , poi mi scrive un paio di mail in cui mi dice cosa fa, io rispondo educatamente dicendo quello che faccio io, ora son 5 giorni che non risponde più. Io non so se abbia senso questo carteggio dopo tutto quello che è successo, forse se ne sta rendendo conto anche lei, credo che ci scriveremo sempre più saltuariamente fino a non scriverci più.
I miei timori si sono avverati: ero sicuro, prima di partire, che non avrebbe sopportato le mie malinconie e la mia incapacità assoluta di vivere. Ora dovrei affrontare l’erasmus, che in teoria sarebbe un’occasione di rivincita ma ho paura che sia solo l’opportunità per un’altra batosta. Provo a pensare ai bei momenti passati con lei nella mia città ma in mente mi torna solo la disperazione di questa vacanza e la certezza che i miei difetti non mi permetteranno mai più di trovare un’altra donna.

marco paollini

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