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Come in Francia si gestisce la violenza giovanile. Spunti di riflessione
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Come in Francia si gestisce la violenza giovanile. Spunti di riflessione
In Francia il presidente Sarkozy per contrastare l'insolita ondata di violenza sempre più frequente nelle scuole e nei contesti adolescenziali, e visto l'allarmante frequenza con cui sono introdotte armi negli edifici scolastici, ha proposto l'installazione nelle scuole di metal detector (portiques de sécurité) e di videocamere.
La maggior parte degli insegnanti francesi però, anche coloro che gestiscono Istituti in zone di frontiera, dove tra ignoranza, immigrazione, mal costume e degrado, la violenza assume il massimo della sua potenza, non sono d'accordo.
Da un articolo di “Le Monde” conosciamo madame Lembert che gestisce una scuola in un quartiere degradato in periferia d'Angoulême (Charente), dove, a contrastare gli atti di bullismo viene privilegiata la scelta, anziché di metodi repressivi, di “progetti pedagogici”.
Tali progetti sono iniziative a scopo educativo che hanno nel contempo un giusto impatto sulla violenza in ambito scolastico, e tentano di arginare anche quei fenomeni iniziali che possono rapidamente degenerare.
Con a disposizione mezzi e tempi supplementari, sono quindi stati istituiti dei progetti che si avvalgono, tra le altre, di una sezione di arti visive, una sezione sportiva di rugby, un concorso di di poesia e di disegno e un club di scacchi.
Uno dei progetti più ambiziosi di madame Lembert viene denominato “Diritti e Doveri” che vede l'insegnamento dell'educazione civica integrato con degli incontri con dei professionisti della giustizia e del diritto: giudici, avvocati e poliziotti.
Professionisti che espongono ai ragazzi il lecito e l'illecito dei comportamenti quotidiani.
Sempre nel contesto del progetto “Diritti e Doveri”, approfondendo i concetti di alcune tematiche, è stato evidenziato che, alla domanda: “Cosa è grave e cosa non lo è”, per alcuni alunni la violenza fisica può essere considerata normale, non grave, fintanto che non compare il sangue...
Inoltre i ragazzi affermano che gli atti intimidatori, gli insulti e quant'altro costituisca motivo di sopraffazione, sono attuati “per scherzo”.
E ancora, che andare in classe con un'arma... “finché non la si usa, non è mica grave”...
A questo articolo vengono spontanee alcune riflessioni.
Innanzi tutto che gli episodi di violenza giovanile non sono circoscritti nella nostra cultura ma, ben presenti anche in ambito internazionale, assumono finanche una accentuazione della loro gravità. Ed inoltre che la comune denominazione di bullismo non è più sufficiente a designare dei veri e propri atti violenti che assumono connotazioni malavitose.
E penso alla nostra provincia e ad alcuni posti dove lo Stato non esiste e la regola è la sopraffazione del più forte sul più debole, e immagino quanti di questi episodi siano tollerati e messi a tacere.
Spesso si sprecano fiumi di parole sulle motivazioni di un tale degrado sociale, ma sono nulli senza una organizzazione che prevede, nella collaborazione di più figure professionali, laddove gli insegnanti da soli non possono farcela, un intervento costituito dalla diffusione e l'insegnamento di aspetti legali e sociali, supportati e confortati da interventi di tipo psicologico.
Ed ancora una volta viene ad essere messa in evidenza la necessità dello psicologo in ambito scolastico. Perché a nulla servono interventi educativi se non vengono abbinati al sostegno psicologico di quegli alunni che si trovano a gestire il perenne conflitto tra atteggiamenti e ingiunzioni familiari che perpetuano un modello aggressivo, violento, e finanche delinquenziale, e gli insegnamenti teorici che spesso restano inascoltati proposti dalle istituzioni scolastiche.
La maggior parte degli insegnanti francesi però, anche coloro che gestiscono Istituti in zone di frontiera, dove tra ignoranza, immigrazione, mal costume e degrado, la violenza assume il massimo della sua potenza, non sono d'accordo.
Da un articolo di “Le Monde” conosciamo madame Lembert che gestisce una scuola in un quartiere degradato in periferia d'Angoulême (Charente), dove, a contrastare gli atti di bullismo viene privilegiata la scelta, anziché di metodi repressivi, di “progetti pedagogici”.
Tali progetti sono iniziative a scopo educativo che hanno nel contempo un giusto impatto sulla violenza in ambito scolastico, e tentano di arginare anche quei fenomeni iniziali che possono rapidamente degenerare.
Con a disposizione mezzi e tempi supplementari, sono quindi stati istituiti dei progetti che si avvalgono, tra le altre, di una sezione di arti visive, una sezione sportiva di rugby, un concorso di di poesia e di disegno e un club di scacchi.
Uno dei progetti più ambiziosi di madame Lembert viene denominato “Diritti e Doveri” che vede l'insegnamento dell'educazione civica integrato con degli incontri con dei professionisti della giustizia e del diritto: giudici, avvocati e poliziotti.
Professionisti che espongono ai ragazzi il lecito e l'illecito dei comportamenti quotidiani.
Sempre nel contesto del progetto “Diritti e Doveri”, approfondendo i concetti di alcune tematiche, è stato evidenziato che, alla domanda: “Cosa è grave e cosa non lo è”, per alcuni alunni la violenza fisica può essere considerata normale, non grave, fintanto che non compare il sangue...
Inoltre i ragazzi affermano che gli atti intimidatori, gli insulti e quant'altro costituisca motivo di sopraffazione, sono attuati “per scherzo”.
E ancora, che andare in classe con un'arma... “finché non la si usa, non è mica grave”...
A questo articolo vengono spontanee alcune riflessioni.
Innanzi tutto che gli episodi di violenza giovanile non sono circoscritti nella nostra cultura ma, ben presenti anche in ambito internazionale, assumono finanche una accentuazione della loro gravità. Ed inoltre che la comune denominazione di bullismo non è più sufficiente a designare dei veri e propri atti violenti che assumono connotazioni malavitose.
E penso alla nostra provincia e ad alcuni posti dove lo Stato non esiste e la regola è la sopraffazione del più forte sul più debole, e immagino quanti di questi episodi siano tollerati e messi a tacere.
Spesso si sprecano fiumi di parole sulle motivazioni di un tale degrado sociale, ma sono nulli senza una organizzazione che prevede, nella collaborazione di più figure professionali, laddove gli insegnanti da soli non possono farcela, un intervento costituito dalla diffusione e l'insegnamento di aspetti legali e sociali, supportati e confortati da interventi di tipo psicologico.
Ed ancora una volta viene ad essere messa in evidenza la necessità dello psicologo in ambito scolastico. Perché a nulla servono interventi educativi se non vengono abbinati al sostegno psicologico di quegli alunni che si trovano a gestire il perenne conflitto tra atteggiamenti e ingiunzioni familiari che perpetuano un modello aggressivo, violento, e finanche delinquenziale, e gli insegnamenti teorici che spesso restano inascoltati proposti dalle istituzioni scolastiche.
Assunta Paliotti
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