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Liberarsi dal senso di colpa

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Liberarsi dal senso di colpa Empty Liberarsi dal senso di colpa

Messaggio Da Dott. A. Paliotti Ven 22 Ago 2008, 14:48

Liberarsi dal senso di colpa
(prima parte)


Per raggiungere l’obiettivo di un vivere migliore, prima ancora di imparare come ottenere stabilità e equilibrio, occorre divenire consapevoli dei motivi profondi che sono da ostacolo ad una vita serena.
E alle volte siamo proprio noi che, in maniera automatica e inconsapevole, sabotiamo sistematicamente il nostro benessere.

Tra le cause più importanti del malessere psicofisico ritroviamo ai primi posti il sentimento di colpa. Una opprimente sensazione di disagio che condiziona lo stato d’animo e le scelte di vita e che può persistere per anni, anche per sempre se non si riconosce e vi si pone rimedio.

I motivi che possono generare la colpa sono vari e il più delle volte cumulati l’uno sull’altro. Chi vive condizionato dalla colpa trova sempre sul suo cammino il motivo per reiterarla, allontanandosi sempre più da un percorso di benessere.

L’effetto più immediato di ogni senso di colpa è una perenne tensione interiore e la mancata accettazione di sé: la persona non si stima, si ritiene inadeguata, e si relaziona agli altri con un senso di inadeguatezza e di sfiducia che ne determina i comportamenti.
Anche se ognuno poi reagisce secondo la propria inclinazione caratteriale. Chi con passività, chi con aggressività, chi invece come fosse trasparente o non esistesse.

Mentre accade spesso di essere consapevoli di un proprio sentimento di inferiorità, di una scarsa autostima e di una mancata accettazione di sé, dato che è difficile ignorare le proprie difficoltà emotive, raramente si è consapevoli che alla base di tale penoso stato d’animo vi sia un sentimento di colpa.
Un senso di colpa spesso grande come una casa.

Ma come, da dove nasce il senso di colpa?

In alcuni casi un evento inaccettabile accaduto in epoca infantile o adolescenziale, quando l’intensità delle emozioni, l’ancora acerbo filtro sociale, la vulnerabilità emotiva e/o determinate situazioni familiari e ambientali, possono dare origine a intensi sentimenti conflittuali, impossibili da comprendere ed elaborare, e a cui possono far seguito comportamenti inadeguati o reputati illeciti.

Successivamente, una serie di validi e inconsapevoli meccanismi di difesa fanno in modo che la persona dimentichi l'evento motivo del disagio e continui a vivere come se la situazione non fosse mai esistita.
Si dice quindi che rimuove l'evento scatenante il disagio.
Ma il malessere resta. E, slegato dalla situazione originaria, si perpetua legandosi a qualcosa d’altro, dando origine, ad esempio, ad un disturbo psicosomatico o ansioso.

Ma non necessariamente il senso di colpa è legato ad una situazione conflittuale realmente accaduta.
Spesso può essere generato e rinforzato dagli atteggiamenti di coloro a cui siamo maggiormente legati. Ed alcune persone sono molto abili nel’ottenere dagli altri ciò che vogliono tramite il senso di colpa.

Spesso i genitori, loro malgrado, in questa tecnica sono maestri.

Per timore che i figli possano allontanarsi oppure che possano prendere strade che non condividono, adottano, più o meno consapevolmente, degli atteggiamenti che rendono impossibile al figlio di agire differentemente. La maggior parte dei genitori, difatti, sono portati a considerare il figlio come una estensione del proprio sé e mai penserebbero che in tal modo ne decretano l’infelicità.
Come può infatti esser felice chi, nell’operare una scelta, non tenga conto dei propri desideri e inclinazioni ma soddisfa il desiderio di un'altra persona?

Più stretti sono i rapporti, e più si è soggetti a subire oppure a mettere in atto strategie che determinano la colpa nell’altro. E ciò di certo avviene di frequente in famiglia, nella coppia, ma anche in un luogo di lavoro, in un ufficio.

Da tali relazioni non possono uscire vincitori. Riuscire a condizionare l’operato dell’altro comporta dei livelli marcati di comunicazione patologica che non giova a nessuna delle parti.


Un altro tipo di sentimento di colpa si determina in età adulta come risultato di scelte o comportamenti.
C’è chi lascia moglie e figli per inseguire un sogno d’amore e nel tempo non riesce a superare la colpa di aver abbandonato la famiglia.
Oppure può emergere anche il senso di colpa nei confronti di se stesso per aver compiuto delle scelte sbagliate. Quando ad esempio si cerca a tutti i costi di raggiungere degli obiettivi che non sono propri o quando le aspettative sono diverse dalle proprie attitudini e dagli obiettivi personali.
In tal caso ci si costringe in una vita sentendosi inadeguati con se stessi.

C’è poi chi vive la colpa del proprio benessere, nei confronti di chi è meno fortunato. A questo proposito più volte mi è accaduto di ascoltare persone che temono di vivere momenti felici, come se dopo, necessariamente, debba seguire un periodo di sofferenza. Perché la serenità e lo star bene sono intesi inconsciamente come una colpa da scontare.

A questo proposito è da ricordare la sindrome del sopravvissuto, il drammatico senso di colpa di chi esce illeso da un terribile incidente che ha causato vittime e feriti.
Così come si vive la colpa quando accade qualcosa di spiacevole a qualcuno con cui siamo in conflitto. Quasi che magicamente il nostro sentimento negativo avesse avuto il potere di generare il disastro.

Il senso di colpa inoltre può nascondere una depressione e condurre ad atteggiamenti punitivi espressi dal disagio psichico o da disturbi psicosomatici che possono indurre veri stati patologici.
Un esempio di comportamento autolesivo lo ritroviamo nei disturbi alimentari e nelle dipendenze, da alcol o altre sostanze. E in certi comportamenti ai limiti della legalità, come se la persona desiderasse la punizione come momento di espiazione.

In ogni caso il senso di colpa è un macigno pesante da portarsi dietro, e proprio come un macigno blocca il cammino dell’individuo impedendogli di costruire serenamente la propria vita.
Rimanendo fermi in situazioni antiche e impedendosi di vedere al di là di un passato che oramai non esiste, o rimando intrappolati in relazioni patologiche, si compie l’unico vero delitto, che è quello di non imparare a gioire e vivere appieno di ogni attimo della propria esistenza.

Ed è per questo che occorre utilizzare qualsiasi strategia per porvi rimedio.

Assunta Paliotti



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Ultima modifica di Dott. A. Paliotti il Ven 22 Apr 2011, 13:08 - modificato 1 volta.
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Messaggio Da Dott. A. Paliotti Mer 22 Ott 2008, 09:27

Liberarsi dal senso di colpa
(seconda parte)

Ma come uscirne? Come liberarsi dal senso di colpa?

Il primo passo in ogni caso è la consapevolezza.
Nulla può essere risolto se prima non ne abbiamo coscienza.
E allora quando ci si trova a vivere un malessere indefinito, una sensazione di disagio, è opportuno interrogarsi e chiedersi:
Ma non è che per caso mi porto dietro un senso di colpa?

Se la risposta è affermativa andiamo a vederne i motivi.
Ma che cosa ho fatto di così grave?
Spesso non ci sono risposte.
Ma altrettanto spesso ce ne sono.

Nel primo caso non si è consapevoli delle cause del sentimento di colpa, ma ad un'analisi accurata emerge di frequente uno stile di vita insoddisfacente. Emerge la difficoltà e la fatica di aderire ai desideri di un genitore, un partner, un datore di lavoro incontentabile, senza mai riuscire ad ottenerne approvazione.
In tal caso occorrerà riportare l'attenzione verso di sé, cercando di individuare le proprie motivazioni i propri obiettivi.
Sembra facile ma non lo è: ci sono persone talmente condizionate dalle esigenze e dagli obietti degli altri, che non riescono più a identificare i propri desideri, le proprie motivazioni e spesso sono purtroppo ignari dei propri talenti.
Queste persone si sentono in colpa verso gli altri che non riescono ad accontentare e verso se stessi ché non si riescono a realizzare.

Nel secondo caso, magari il motivo che ha scatenato il senso di colpa è un dato ritenuto oggettivo: chi ad esempio ha lasciato moglie e figli, oppure trascurato un genitore che aveva bisogno di attenzione, o è stato disonesto con un amico, eccetera, un evento che si vorrebbe o magicamente cancellare con un colpo di spugna.

Arrivati a questo punto occorre considerare che la consapevolezza è già di per sé un primo elemento di risoluzione.
Sì, ma come?
La consapevolezza aumenta la comprensione.
E la comprensione profonda di eventi, situazioni, di persone, allenta qualsiasi tensione interiore.

Ma se finalmente si riesce ad allontanare la colpa da sé, non è che occorre darla necessariamente a qualcuno!
Un ragazzo una volta mi disse:
"Ma se non è colpa mia, né di mia madre, né di mio padre... allora di chi è la colpa?"
La colpa doveva essere di qualcuno.
"Di nessuno" risposi candidamente.

Perché non può esistere una sola causa, una sola persona o situazione che determina un malessere. Si tratta sempre di più situazioni che concorrono a determinare un evento, positivo o negativo che sia.

Il gioco delle colpe aumenta la sofferenza.

E quindi, invece di restare vincolati a sentimenti e situazioni di un passato che condizionano le scelte del presente, e impediscono la realizzazione delle proprie attitudini con serenità, occorre fare in modo che l’esperienza vissuta, di un evento, un sentimento, un conflitto contribuisca ad arricchire il proprio bagaglio interiore. La consapevolezza delle conseguenze indurrà nel presente e nel futuro ad agire in maniera differente.

Il passato non si può modificare, ma si può comprendere.
Ed è soprattutto sull’oggi che occorre agire in maniera costruttiva.
Con la consapevolezza e la comprensione delle dinamiche che hanno consentito la formazione del senso di colpa, perdonando noi stessi e andare avanti con animo sereno.

Assunta Paliotti




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Messaggio Da satellitegarbato Lun 09 Gen 2012, 11:49

Buongiorno Dottoressa Smile
la ricerca sulla "Sindrome del Sopravvissuto" mi ha condotto in questo Sito, direttamente alla lettura della sua esaustiva Lezione. Sto scrivendo un libro auto biografico in cui desidero esprimere, fra le altre, la mia esperienza avuta la sera del 6 maggio 1976, in cui il Terremoto distrusse mezza Regione Friuli e, poi, la mia crescita. Nello sviluppo del libro, che sta avvenendo in modo molto spontaneo (direi catartico come consigliato da Lei) sto sviluppando il significato di questa Sindrome che io ho portato con me, nell'anima, a mia insaputa e conducendo una qualità di vita che definire assurda è un eufemismo. Il Terremoto mi ha risparmiato, e non so perchè, quando avevo 14 anni sebbene ne dimostrassi 10. Avrei scoperto di essere preda di una Depressione devastante, di cui non conoscevo nemmeno Nome ed esistenza, il 4 febbraio 1994 grazie ad un programma di Piero Angela che per primo parlò della Patologia attraverso la televisione; il 13 settembre 2001, due giorni dopo l'evento delle Torri, avrei scoperto il motivo e la natura della mia colpa di cui non sarei riuscito da solo nemmeno a coniare il termine sul vocabolario. Ho sempre vissuto, oltre che in simbiosi con la colpa, assieme alla idea di tenere sempre in luce il dovere di salvare qualcuno e soprattutto al verificarsi di eventi catastrofici quali un Terremoto. Volevo, attraverso il mio aiuto/salvataggio, ottenere il perdono da cui poi, forse, mi sarei potuto sentire assolto. Alla spiegazione esaustiva della Sindrome, in cui mi sono riconosciuto, è stata associata quella relativa al significato della Rassegnazione il quale, se inteso nella giusta misura ed accolto bene emotivamente, suscita in modo positivo il processo della comprensione della colpa che poi viene debellata ... senza colpa. Rassegnarsi, in questo tipo di contesto, non significa "fregarsene" bensì acconsentire l'idea che nel corso di una operazione di soccorso, ci sono persone preposte professionalmente chiamate a salvare; se io non mi posso recarmi a salvare qualcuno non deve costituire la colpa primaria del mio vivere. Oggi vivo meglio, un po' più sereno ma dopo aver desiderato la Morte per 30 anni. La ringrazio per questa opportunità, per la sua pazienza Smile
Andrea.

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Messaggio Da Dott. A. Paliotti Gio 12 Gen 2012, 16:17

Gentile Andrea
ringrazio io lei per la sua commovente testimonianza.
E' bello vedere che, pur se dopo tanti anni, si è aperto finalmente uno spiraglio di comprensione, e quindi di serenità, nella sua esistenza.
La comprensione a volte è come un faro che illumina la nostra coscienza e ci conduce quindi all'accettazione.
L'accettazione delle nostre limitate capacità rispetto ad eventi tanto più grandi di noi.
Ed è pur vero che ogni disciplina ha le proprie competenze. E anche per salvare una persona sia fisicamente nell'ambito di una catastrofe, che psicologicamente, occorre una adeguata preparazione.
Metta da parte ogni senso di colpa - piccolo o grande - e riprenda la sua vita. Ne ha pieno diritto.
Le assicuro che è sempre possibile. Anche dopo 30 anni.
Un caro saluto

A. Paliotti
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Messaggio Da LauraMare Mer 03 Apr 2013, 21:23

Buonasera dottoressa.
Sono in procinto di riconoscimento di un senso di colpa nato e cresciuto con me da parte di mio padre. Premetto che oggi ho quasi 50 anni e ho vissuto la mia vita con assillanti sensi di colpa verso l'insoddisfazione e la tristezza dei miei familiari.
Fino a 2 anni fa mi sono fatta in quattro per cercare di essere indipendente, di credere in me, di riconoscere i miei potenziali ma tutto è sempre andato vano. Ho avuto e ho un padre cronicamente insoddisfatto e che fin da piccola mi ha fatto sentire causa della sua tristezza. A quindici anni avevo eseguito "la pietà" di Michelangelo in marmo e lui non mi disse nemmeno una parola e per darle un'idea, 5 anni fa, mentre cercava di sbarazzarsi di alcune cose inutili dal giardino (io abito con lui dalla mia separazione) mi accorsi che stava buttando quella mia scultura.
Nutro dentro di me tanta rabbia e senso di colpa che mi ha fatto anche vivere una relazione con un uomo pieno di "voglia di giudicare e farla pagare",trascorrendo altri anni a cercare di far felice un altro uomo e trasmettendo tutto questo ai miei figli.
Ora lei scrive che non è colpa di nessuno.
Come posso arrivare ad assimilare questo ragionamento?
Lo vorrei tanto perchè la rabbia mi sta distruggendo.


LauraMare

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Messaggio Da Dott. A. Paliotti Gio 04 Apr 2013, 16:04

Cara Signora,
come vedo lei è ben consapevole dell'origine del suo sentimento di colpa. L'insoddisfazione e la tristezza dei suoi familiari hanno agito in lei come una zavorra, appesantendo la sua vita.
Ora se ben comprendo, dopo aver speso anni e anni cercando di rendere felici i suoi cari, constatandone il fallimento, il suo sentimento si è trasformato in rabbia.
Ed era inevitabile.
Perché se è pur vero che a far del male ci vuole molto poco, la felicità non si può regalare. Sì, certo, è possibile cercare di rendere la vita di chi si ha accanto più semplice, più comoda, è possibile regalare sorrisi e pazienza, ma la felicità è tutt'altra cosa.

La felicità è uno stato interiore che il più delle volte prescinde dalle situazioni esterne, è un percorso da intraprendere, una meta da conquistare e occorre impegno per ottenerla. Un impegno personale dato dalla determinazione a voler esser felici.
Ma nessuno può regalarla a un altro.
Se ho ben compreso lei, nella sua vita, si è fatta in quattro per render felice chi le stava accanto, ricevendone inevitabilmente delusione e frustrazione che, a lungo andare, si sono trasformati in rabbia.
E la rabbia la induce a colpevolizzare chi le ha procurato tutto questo.
In tal modo il senso di colpa si ribalta da una persona ad un'altra in un circolo vizioso che non trova mai fine.

Io sospenderei ogni giudizio.
Viviamo in un'epoca di malesseri, e non è semplice passare indenni attraverso le difficoltà, i malumori, le asprezze caratteriali propri e di chi si ha accanto.
Occorre tanta, ma tanta pazienza e lucidità.
Lucidità innanzi tutto a sospendere il giudizio, ad abbassare quel dito accusatore rivolto a tratti verso di sé a tratti verso l'altro. E invece di guardarsi dietro a quel che non è stato, di rivolgere il proprio sguardo ad oggi, costruendo con serenità il suo presente e il suo futuro.

Il segreto è di lasciare andare i rancori e soprattutto la rabbia, che è un veleno per noi tutti. In tal modo potrà dedicarsi con serenità alla sua vita, e vedrà che man mano scoprirà quante cose belle ci sono ancora in serbo per lei.
So che non è facile, ma di certo non è impossibile.
Con impegno e lucidità, ma anche con comprensione e con amore, potrà imparare a difendersi dalle pesantezze che le sono accanto e che l'opprimono,.
Mi parla di suo padre, che seppure insopportabile nei modi è pur sempre suo padre, un legame, un affetto possente.
Si difenda con forza, ma non con rabbia.

La strategia per vivere sereni non è di porsi l'uno contro l'altro, o di rimanere invischiati nel gioco del "di chi è la colpa", ma di comprendersi con pazienza e con amore, dedicandosi ogni giorno a costruire la propria vita nel tempo presente.
Le assicuro che è possibile.

Se però vede che non riesce ad allontanare la rabbia e l'amarezza, allora si faccia aiutare.
Di certo nella sua zona troverà un collega che potrà, sia anche per breve tempo, indirizzarla e accompagnarla in un percorso di trasformazione.
Ricordi che c'è ancora tanta vita che l'aspetta, e sta a lei pretendere di costruire un presente e un futuro migliore per lei e per chi le sta accanto.

Auguri!

A. Paliotti




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Messaggio Da Mia03 Sab 27 Apr 2013, 15:10

Dottoressa, buonasera.
Ho trovato questo suo bellissimo articolo mentre cercavo una risposta ai perchè che non mi fanno andare avanti, e leggendolo, ammetto di non aver potuto fare a meno di piangere a dirotto.
Sto molto male da qualche mese a questa parte perchè i sensi di colpa mi stanno distruggendo.
Da quattro anni ho una relazione con un ragazzo fantastico, che amo da morire, ma come ogni coppia abbiamo vissuto momenti un po' difficili, quasi un anno fa, dovuti alla lontananza, ai mille impegni lavorativi, al suo carattere sempre un po' distaccato, e al mio, visto che ho bisogno di attenzioni, di sentirmi amata. Non sono giustificazioni, nel modo più assoluto, ma penso sia importante che ogni situazione venga contestualizzata. Mi sono sentita messa da parte, e così ho cominciato a sentire un altro ragazzo via internet, ma non ci sono mai stati contatti nè fisici, nè visivi, nè telefonici, niente di niente. Insomma, lo sentivo spesso in chat e mi piacevano le sue attenzioni, ma io sono sempre stata ben sicura del fatto di non volere niente da lui, niente che andasse oltre l'amicizia. Mi sono resa conto, dopo pochi mesi, di quello che stavo facendo, che stavo sbagliando perchè stavo mancando di rispetto al mio uomo, che se l'avesse fatto lui avrei dato di matto e non mi sarei più fidata, e quindi ho chiuso ogni contatto. E ora mi sento schiacciata dai sensi di colpa per come mi sono comportata, mi sento sporca, bugiarda, la persona peggiore del mondo, come se non meritassi di stare con un ragazzo così, sono agitata, disperata, mi deprimo, non faccio che piangere. Vorrei tornare indietro per non sbagliare ma non posso, e non riesco a trovare la forza di reagire. Mi dico che sto esagerando, che sto rendendo tutto troppo tragico, ma a questi rari momenti di coraggio alterno ore ed ore di sconforto. Insomma, non so più cosa fare, mi vergogno di me stessa Sad una cosa è certa, non rifarò mai più lo stesso errore, ma ogni giorno mi pesa come un macigno... sono arrivata a desiderare addirittura che lui mi tradisse per davvero, per sentirmi meno in colpa.

Mia03

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