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Sono geloso del suo passato! Ma e' uguale al mio!!
2 partecipanti
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Sono geloso del suo passato! Ma e' uguale al mio!!
.
Ultima modifica di lake85 il Mar 27 Apr 2010, 17:30 - modificato 1 volta.
lake85- Numero di messaggi : 1
Data d'iscrizione : 20.03.10
Re: Sono geloso del suo passato! Ma e' uguale al mio!!
Caro Iake
comprendo la sua sofferenza e il suo disagio: non deve essere facile, difatti, vivere nello stesso tempo, la gioia di un amore nascente e torturarsi (in silenzio) per un malessere che razionalmente non si accetta.
Lei è ben consapevole di star vivendo una bellissima storia d'amore, ama, e ne è ricambiato, una ragazza splendida e affidabile, ma purtroppo non riesce a lasciarsi andare e a esser felice a causa, ritiene, di pressanti condizionamenti religiosi sulla necessità di avere dei rapporti sessuali (fare l'amore è un'altra cosa) con una sola persona nella vita.
A causarle però il maggior disagio in realtà è proprio quel conflitto che vive tra la sua parte razionale, che non accetta di star male per tale motivo e il sentimento di disagio emotivo che le deriva da quella vocina che manifesta la delusione, e che di continuo le sussurra che la sua ragazza non sarà mai completamente sua.
In pratica, è lacerato da una lotta interiore. E non c'è niente di più logorante che lottare con se stessi, perché in ogni caso, vi è una parte di sé che ne esce perdente.
Paradossalmente avrebbe meno disagio se vi fosse una corrispondenza tra ragione e sentimento. “La mia ragazza deve essere vergine e basta!”. Ne soffrirebbe di meno.
Ma lei non è tipo da tanta superficialità ( mi è molto piaciuta una sua frase: tutte cose nella norma, niente di esagerato, siamo due persone tranquille...) ed è per questo che le rimane il conflitto tra ragione ed emotività.
E aggiunge malessere su malessere.
Come uscirne?
La situazione presenta vari risvolti, e in questa sede è un po' arduo presumere di analizzarli tutti, ma per lo meno mi auguro di riuscire a fornirle dei piccoli spunti di riflessione.
Andiamo per gradi.
Il primo passo è l'accettazione. Occorre necessariamente accettare la propria parte emotiva e quindi anche questo sentimento di delusione e di malessere legato al rapporto. Occorre accettarlo così com'è, come una contraddizione dell'animo umano – e ne abbiamo tutti, tantissime! - e l'accettazione sarà il primo passo per la riappacificazione con se stesso.
Si può accettare parti di sé anche con sofferenza, ma è un percorso inevitabile per poter procedere nella comprensione.
Una volta accettate le proprie contraddizioni, vedrà che gran parte del malessere scomparirà.
Ma andiamo avanti.
Dopo aver accettato la vocina che le urla dentro, è arrivato il momento di ascoltarla sino in fondo e quindi di ben comprendere da dove nasce e cosa ha da dirle. Non tanto nei contenuti (il sentimento sulla verginità) ma, andando ancora un po' oltre, cosa ha da dirle non sulla sua ragazza, ma su di sé.
A volte noi viviamo un disagio interiore, un malessere intenso, e di volta in volta tendiamo ad attribuirgli nomi diversi. Vedo persone ad esempio, che sono perennemente insoddisfatte. In principio si lamentano perché ad esempio non hanno un lavoro, poi una volta ottenuto il lavoro si lamentano che non gli piace, poi si lamentano che non hanno la/il fidanzata/o, poi quando si fidanzano e si lamentano che c'è qualcosa che non va... e via di seguito .... Insomma l'insoddisfazione diviene uno stile di pensiero, una modalità di sentire, per cui, qualsiasi cosa facciano o abbiano, restano sempre insoddisfatti.
Ciò era solo per portarle un esempio e specificarle che non sempre siamo consapevoli dei veri motivi del nostro malessere.
E allora, per cercare di fornirle degli strumenti che la possano aiutare, partiamo proprio dalla base.
Ma lei è proprio sicuro che tale malessere derivi proprio dal non essere stato il “primo”?
C'è una sua frase più volte ripetuta che mi ha fatto sorgere un sospetto.
Questo ripetersi con un tono di situazione irrimediabile, che la ragazza non sarà mai “sua”.
Scusi, ma perché?
L'appartenersi tra due persone non può definirsi soltanto attraverso un atto fisico, un rapporto sessuale non è la condizione necessaria per appartenersi, perché potrebbe essere fine a se stesso e lasciare le due persone più estranee di prima.
L'appartenersi è invece una condizione soprattutto emotiva, che trova la massima espressione quando il rapporto sessuale diviene un atto d'amore e si integra con un sentire profondo e crea una fusione, non solo dei corpi, ma dei due innamorati nella loro totalità e pluralità, non solo fisica, ma anche e soprattutto psichica, sentimentale, emotiva e spirituale.
E quindi non può essere solo un rapporto sessuale la prova che una persona si sia data ad un'altra.
Appartenersi inoltre implica un sentimento profondo e un grado di maturità emotiva che consenta di “darsi” completamente, una condizione che non è possibile che si verifichi tutti i giorni.
Ma andando ancora un pochino più oltre occorre anche precisare che, pur amandosi, alcune persone non riescono a lasciarsi andare senza timore.
Ed ecco che diviene importante la maturità emotiva, una forza interiore che spesso viene a definirsi proprio da quell'incontro particolare che unisce proprio quelle due persone. In un incontro unico e irripetibile.
Alla luce di queste considerazioni, né lei né la sua ragazza avreste mai potuto creare con altri lo stesso tipo di unione e sentimento che unisce voi due.
Ma c'è dell'altro ancora.
Per alcuni un sentimento intenso può essere davvero molto “forte”, tanto da non riuscire a contenerlo e allora potrebbe anche darsi che la dolorosa sensazione che la sua ragazza non sarà mai del tutto “sua” possa nascondere, con la complicità dei condizionamenti, proprio una difficoltà emotiva a lasciarsi completamente andare ad un sentire, ad una intimità profonda non essendo ancora pronto ad accettarla.
Perché come dicevo, una conto è avere un rapporto sessuale, un altro è fare l'amore con un coinvolgimento totale.
E allora può accadere che inconsciamente si crea un qualsiasi “ostacolo”, qualunque esso sia, pur di evitare di cadere nel disagio di una totale intimità.
E' condizione nota che si preferisce attribuire la responsabilità di una propria difficoltà a qualche fattore esterno pur di non vedere un proprio ostacolo emotivo.
Per quanto riguarda poi il mito della verginità, occorre sottolineare che i condizionamenti però non sono solo di carattere religioso, ma anche e soprattutto di tipo psicologico e sociale.
Spesso in passato la religione ha imposto delle “regole” utili più a garantire un certo ordine, e la tranquillità di chi le sanciva, che non come strumento di adesione a un reale desiderio di Dio.
Che poi se volessimo andare proprio fino in fondo a questo discorso, non credo proprio che Dio abbia molto a che fare con carte bollate e primo, secondo o terzo. Ma mi è parso, da alcune sue considerazioni, che su questo siamo ampiamente d'accordo
E quindi Dio non c'entra proprio nulla con questa storia.
Ma c'entrano gli uomini con le loro insicurezze, con i propri timori di confrontarsi l'un l'altro e, atavicamente, con la necessità di elaborare delle regole che garantisse loro la certezza della paternità.
Purtroppo la ricerca di estreme sicurezze rende l'uomo infelice, perché la certezza nessuno mai l'avrà in nulla, mentre solo quando s'impara a lasciar andare e accettare il corso degli eventi solo allora si potrà finalmente scoprire il piacere di ogni attimo e di ogni incontro.
Caro Amico questi sono solo dei piccoli spunti su cui confrontarsi e riflettere.
I discorsi sono troppo lunghi da trattare in questa sede ma spero che, riflettendo, possa ritrovare la serenità e la gioia di costruire un rapporto che ha già delle ottime premesse per rendervi felici.
Mi faccia sapere e... in bocca al lupo!
Dott.ssa Assunta Paliotti
comprendo la sua sofferenza e il suo disagio: non deve essere facile, difatti, vivere nello stesso tempo, la gioia di un amore nascente e torturarsi (in silenzio) per un malessere che razionalmente non si accetta.
Lei è ben consapevole di star vivendo una bellissima storia d'amore, ama, e ne è ricambiato, una ragazza splendida e affidabile, ma purtroppo non riesce a lasciarsi andare e a esser felice a causa, ritiene, di pressanti condizionamenti religiosi sulla necessità di avere dei rapporti sessuali (fare l'amore è un'altra cosa) con una sola persona nella vita.
A causarle però il maggior disagio in realtà è proprio quel conflitto che vive tra la sua parte razionale, che non accetta di star male per tale motivo e il sentimento di disagio emotivo che le deriva da quella vocina che manifesta la delusione, e che di continuo le sussurra che la sua ragazza non sarà mai completamente sua.
In pratica, è lacerato da una lotta interiore. E non c'è niente di più logorante che lottare con se stessi, perché in ogni caso, vi è una parte di sé che ne esce perdente.
Paradossalmente avrebbe meno disagio se vi fosse una corrispondenza tra ragione e sentimento. “La mia ragazza deve essere vergine e basta!”. Ne soffrirebbe di meno.
Ma lei non è tipo da tanta superficialità ( mi è molto piaciuta una sua frase: tutte cose nella norma, niente di esagerato, siamo due persone tranquille...) ed è per questo che le rimane il conflitto tra ragione ed emotività.
E aggiunge malessere su malessere.
Come uscirne?
La situazione presenta vari risvolti, e in questa sede è un po' arduo presumere di analizzarli tutti, ma per lo meno mi auguro di riuscire a fornirle dei piccoli spunti di riflessione.
Andiamo per gradi.
Il primo passo è l'accettazione. Occorre necessariamente accettare la propria parte emotiva e quindi anche questo sentimento di delusione e di malessere legato al rapporto. Occorre accettarlo così com'è, come una contraddizione dell'animo umano – e ne abbiamo tutti, tantissime! - e l'accettazione sarà il primo passo per la riappacificazione con se stesso.
Si può accettare parti di sé anche con sofferenza, ma è un percorso inevitabile per poter procedere nella comprensione.
Una volta accettate le proprie contraddizioni, vedrà che gran parte del malessere scomparirà.
Ma andiamo avanti.
Dopo aver accettato la vocina che le urla dentro, è arrivato il momento di ascoltarla sino in fondo e quindi di ben comprendere da dove nasce e cosa ha da dirle. Non tanto nei contenuti (il sentimento sulla verginità) ma, andando ancora un po' oltre, cosa ha da dirle non sulla sua ragazza, ma su di sé.
A volte noi viviamo un disagio interiore, un malessere intenso, e di volta in volta tendiamo ad attribuirgli nomi diversi. Vedo persone ad esempio, che sono perennemente insoddisfatte. In principio si lamentano perché ad esempio non hanno un lavoro, poi una volta ottenuto il lavoro si lamentano che non gli piace, poi si lamentano che non hanno la/il fidanzata/o, poi quando si fidanzano e si lamentano che c'è qualcosa che non va... e via di seguito .... Insomma l'insoddisfazione diviene uno stile di pensiero, una modalità di sentire, per cui, qualsiasi cosa facciano o abbiano, restano sempre insoddisfatti.
Ciò era solo per portarle un esempio e specificarle che non sempre siamo consapevoli dei veri motivi del nostro malessere.
E allora, per cercare di fornirle degli strumenti che la possano aiutare, partiamo proprio dalla base.
Ma lei è proprio sicuro che tale malessere derivi proprio dal non essere stato il “primo”?
C'è una sua frase più volte ripetuta che mi ha fatto sorgere un sospetto.
Questo ripetersi con un tono di situazione irrimediabile, che la ragazza non sarà mai “sua”.
Scusi, ma perché?
L'appartenersi tra due persone non può definirsi soltanto attraverso un atto fisico, un rapporto sessuale non è la condizione necessaria per appartenersi, perché potrebbe essere fine a se stesso e lasciare le due persone più estranee di prima.
L'appartenersi è invece una condizione soprattutto emotiva, che trova la massima espressione quando il rapporto sessuale diviene un atto d'amore e si integra con un sentire profondo e crea una fusione, non solo dei corpi, ma dei due innamorati nella loro totalità e pluralità, non solo fisica, ma anche e soprattutto psichica, sentimentale, emotiva e spirituale.
E quindi non può essere solo un rapporto sessuale la prova che una persona si sia data ad un'altra.
Appartenersi inoltre implica un sentimento profondo e un grado di maturità emotiva che consenta di “darsi” completamente, una condizione che non è possibile che si verifichi tutti i giorni.
Ma andando ancora un pochino più oltre occorre anche precisare che, pur amandosi, alcune persone non riescono a lasciarsi andare senza timore.
Ed ecco che diviene importante la maturità emotiva, una forza interiore che spesso viene a definirsi proprio da quell'incontro particolare che unisce proprio quelle due persone. In un incontro unico e irripetibile.
Alla luce di queste considerazioni, né lei né la sua ragazza avreste mai potuto creare con altri lo stesso tipo di unione e sentimento che unisce voi due.
Ma c'è dell'altro ancora.
Per alcuni un sentimento intenso può essere davvero molto “forte”, tanto da non riuscire a contenerlo e allora potrebbe anche darsi che la dolorosa sensazione che la sua ragazza non sarà mai del tutto “sua” possa nascondere, con la complicità dei condizionamenti, proprio una difficoltà emotiva a lasciarsi completamente andare ad un sentire, ad una intimità profonda non essendo ancora pronto ad accettarla.
Perché come dicevo, una conto è avere un rapporto sessuale, un altro è fare l'amore con un coinvolgimento totale.
E allora può accadere che inconsciamente si crea un qualsiasi “ostacolo”, qualunque esso sia, pur di evitare di cadere nel disagio di una totale intimità.
E' condizione nota che si preferisce attribuire la responsabilità di una propria difficoltà a qualche fattore esterno pur di non vedere un proprio ostacolo emotivo.
Per quanto riguarda poi il mito della verginità, occorre sottolineare che i condizionamenti però non sono solo di carattere religioso, ma anche e soprattutto di tipo psicologico e sociale.
Spesso in passato la religione ha imposto delle “regole” utili più a garantire un certo ordine, e la tranquillità di chi le sanciva, che non come strumento di adesione a un reale desiderio di Dio.
Che poi se volessimo andare proprio fino in fondo a questo discorso, non credo proprio che Dio abbia molto a che fare con carte bollate e primo, secondo o terzo. Ma mi è parso, da alcune sue considerazioni, che su questo siamo ampiamente d'accordo
E quindi Dio non c'entra proprio nulla con questa storia.
Ma c'entrano gli uomini con le loro insicurezze, con i propri timori di confrontarsi l'un l'altro e, atavicamente, con la necessità di elaborare delle regole che garantisse loro la certezza della paternità.
Purtroppo la ricerca di estreme sicurezze rende l'uomo infelice, perché la certezza nessuno mai l'avrà in nulla, mentre solo quando s'impara a lasciar andare e accettare il corso degli eventi solo allora si potrà finalmente scoprire il piacere di ogni attimo e di ogni incontro.
Caro Amico questi sono solo dei piccoli spunti su cui confrontarsi e riflettere.
I discorsi sono troppo lunghi da trattare in questa sede ma spero che, riflettendo, possa ritrovare la serenità e la gioia di costruire un rapporto che ha già delle ottime premesse per rendervi felici.
Mi faccia sapere e... in bocca al lupo!
Dott.ssa Assunta Paliotti
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