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Fratelli speciali (Dott. Bertocchi)

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Messaggio Da Admin Mer 08 Set 2010, 13:25

Ricevo e volentieri pubblico il bel articolo del dottor Bertocchi

FRATELLI SPECIALI

Mi ricordo un mio amico e professore, grande studioso della Pedagogia Speciale a Bologna, mi prese sottobraccio e con fare sornione mi disse.” Ogni tanto mi chiedo chi abbia cominciato a usare la definizione DIVERSAMENTE ABILE.
Mi chiedo….diversamente abile…a fare cosa?”. Certo ci scappò un sorriso a pensare a questa definizione un po’ strana, quasi ignorante che va molto di “moda “ oggi.

Handicappato, Portatore di handicap, diversamente abile (???) e infine disabile.
Sembra che non si riesca mai ad arrivare a una terminologia che liberi il retrogusto di leggera ipocrisia dalle labbra.

La Pedagogia Speciale è già un po’ più avanti su questa tematica, già da un po’ esiste il deficit che è ostacolato dall’handicap (barriera).
Su un sacco di cose siamo avanti, ma c’è un tema di nicchia, talmente di nicchia che spesso fa fatica ad uscire fuori. La pedagogia, scienza ancora giovane e “rimpolpata” a dovere da Bertin nella seconda metà del 900, si è sempre rivolta, giustamente, alla famiglia. Educazione dei minori, degli adulti, aiuti per i disabili, percorsi, strategie, azioni di auto-aiuto. Per le famiglie, soprattutto per i genitori. Bisogna precisare che spesso c’è il rischio di sconfinare nel campo della Psicologia, sconfinamento che di solito è sinonimo di “contaminazione scientifica”, nel senso positivo del termine.

Quello che mi preme affrontare è la domanda seguente, che poi deriva da una riflessione.
I ragazzi disabili hanno dei fratelli. Questi ultimi che ruolo hanno nella famiglia? La loro sofferenza, il loro aiuto, il loro “vivere” quanto è diverso dai genitori? Doveva essere una domanda e invece ne sono saltate fuori due. E sono anche poche, a mio avviso.

Scendiamo un attimo nella vita di tutti i giorni. Un bambino che si ritrova fin da piccolo a vivere con un fratello o sorella con dei deficit psico-motori, gravi o meno gravi che siano, come cresce? Avrà la possibilità di “usufruire “ di tutte le attenzioni di cui ha bisogno durante l’infanzia, periodo delle primissime socializzazioni con gli altri bambini e con le persone adulte?

Sono domande, mi rendo conto, pesanti come macigni. Ma inevitabili.
Non parlo di associazioni per familiari dei disabili (utilissime) per persone che hanno già un “vissuto” con un fratello o una sorella. Parlo proprio di iniziare la propria vita, il proprio primo contatto col mondo avendo una persona “speciale” che spesso prende molto tempo ai genitori, spesso impreparati o spaventati e bisognosi di rassicurazioni riguardanti il futuro del loro bimbo.
Certo, vent’anni fa era molto più dura. In questo senso c’è stata un’evoluzione sia nel microsociale sia a livello istituzionale per quanto riguarda le strutture, le persone competenti. E’ cresciuta la formazione di educatori, pedagogisti e altre figure specializzate (anche se non sempre riconosciute come dovrebbero, ma questo è un altro problema).

Torniamo ai fratelli. Sono le persone che spesso, col passare degli anni, sono sovraccaricate di responsabilità. Spesso si prendono da soli responsabilità che nessuno gli dà, come se in quel modo avessero finalmente un ruolo agli occhi dei genitori. I quali spesso sono doppiamente preoccupati perché temono per il figlio “sano”. E può succedere anche il contrario, ovvero che i genitori, per paura di coinvolgerlo ingiustamente, tengano completamente fuori il figlio da ogni decisione, da ogni piccola responsabilità.

L’equilibrio non è facile e spesso è sbilanciato perché nessuno è perfetto. Nessun genitore potrà mai trovarlo, un equilibrio, e perché? Perché ogni figlio ha un carattere suo; può crescere forte e con le giuste sicurezze e quindi dare una mano. Come può crescere sotto l’enorme ombra del fratello disabile e non riuscire a “reagire” a causa del carattere debole e introverso.

Questi sono i due casi limite, in mezzo trovano ampio spazio le situazioni più diverse.
Spesso il fratello o la sorella di un ragazzo disabile, si trovano ad avere due punti di vista: quello dei genitori, interno alla famiglia, e quello di persone che riescono a vedere la situazione anche da “fuori”. Il paradosso è che pur avendo la possibilità di vederla in due modi distinti (e quindi meglio?) , questa “possibilità” può diventare causa di un forte disorientamento. E arrivati ad una certa età potranno farsi più o meno esplicitamente una domanda: come imposto la mia vita? Come la gestisco? Una donna, un uomo, riusciranno a fare una famiglia con me, che ho una persona disabile di cui prendermi cura?. Le domande non sono tutte qui, non basterebbero le pagine per metterle tutte.

Poi molte cose si aggiustano, una strada la si trova. I fratelli o sorelle “speciali” sanno (e se non lo sanno se ne renderanno conto) di dover avere le spalle larghe per il futuro. I miei per ora ce la fanno, ma poi? Sarò in grado?

C’è poi il rapporto con il fratello o la sorella. Può arrivare un buon rapporto, come può arrivare un rapporto che cova invidia, delusione, paura, insicurezza. Adulti che si ritrovano con crisi di panico e non capiscono perché. Il lavoro, la casa che non c’è, i pochi soldi e mio fratello. Tutte cose che possono diventare una vera pentola a pressione che rischia di esplodere da un momento all’altro.
Diventa tutta una condizione di disagio che può andare dall’infanzia fino all’età adulta.

Per questo ci vorrebbe un “monitoraggio”, inteso come sostegno e orientamento psicologico per l'intera famiglia, che a volte viene ritenuto superfluo. Lo dico dopo anni di osservazione ma, soprattutto, di esperienza personale.
I fratelli e le sorelle dei ragazzi disabili sono RISORSE, ma spesso vengono utilizzate in momenti cruciali della vita, in cui un bambino non può essere ancora responsabilizzato. E per un motivo o per un altro, senza accorgersene, lo diventa.

Dottor Matteo Bertocchi
matteoz.bertocchi@gmail.com

Bologna

Vedi anche:
Il bambino con un fratello malato (dott.ssa Di Giovanni)
Vivere con un bambino disabile. Spunti di riflessione (dott.ssa Di Giovanni)
Quale intervento psicologico per un disabile e la sua famiglia (dott.ssa Paliotti)
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