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Pedofilia, abusi sessuali e lo scandalo dei preti pedofili
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Pedofilia, abusi sessuali e lo scandalo dei preti pedofili
Da qualche tempo è emerso lo scandalo dei preti pedofili.
Oramai non passa giorno che giornali e telegiornali non ci informino dei nuovi sviluppi sul dibatto internazionale tra gli Stati e Chiesa, posta sotto accusa per aver taciuto e nascosto gli abusi sessuali di cui pare fosse a conoscenza.
Insomma le polemiche e le discussioni non mancano, ma al di là dei contesti regiosi messi sotto accusa, credo sia opportuno profittare del clamore che si è sollevato intorno alla questione della pedofilia per cercare, al di là delle polemiche, di fare chiarezza sull'argomento e definirne alcuni punti, sperando che da più parti possano sorgere specifiche iniziative che consentan di attuare strategie preventive.
E quindi ecco che tra tanti orrori emerge un dato positivo: finalmente di pedofilia e di abusi sessuali se ne parla!
Ed è l'unico modo per scuotere le coscienze e far aprire gli occhi a genitori, parenti, insegnanti e a quanti abbiano in carico l'accudimento dei bambini, perché spesso si preferisce non vedere, quasi a nascondere, anche e soprattutto a se stessi, l'atroce dubbio su determinati comportamenti anomali di parenti e conoscenti a contatto con i bambini.
Perché è inutile nascondersi. Mentre ora si urla allo scandalo e al sacrilegio, non è di certo stata scoperta l'acqua calda.
La pedofilia è sempre esistita, ma finalmente sie ne parla! E soprattutto si apre la possibilità di un nuovo modello. Un modello in cui gli abusi vengono visti e denunciati e non più soffocati nella menzogna dal pudore e dalla vergogna.
Perché ogni abuso sessuale, per quanto minimizzato dall'aggressore – che così si usa: negare, minimizzare il misfatto, che nelle proprie coscienze equivale a non averlo mai commesso – ogni abuso sessuale, dicevo, costituisce una spesso irreparabile violenza ai danni degli innocenti, una violenza che si perpetua non solo nelle chiese, ma anche e soprattutto nelle case, nelle scuole, nelle palestre e in qualsiasi ambito vi sia un contatto tra adulti e bambini.
Ma restiamo in ambito ecclesiastico.
Si è sempre saputo che non tutti i sacerdoti sono dei santi.
Ricordo, ed ero bambina, che si diceva che il tal parroco della tal parrocchia avesse due figli con una certa signora. Lo sapevano tutti.
Si sapeva, ma si taceva, così come si sussurrava che tal altro sacerdote faceva troppe carezze strane a dei bambini. I ragazzi più smaliziati ne ridevano e se lo dicevano tra di loro che “dovevano stare attenti a quello lì”.
Ma nessuno avrebbe mai pensato di denunciare tali situazioni, che restavano il più delle volte ai limiti del lecito e, soprattutto in contesti più modesti, nessuno mai avrebbe avuto il coraggio di mettersi contro “al prete”!
"Chi avrebbe mai ascoltato le accuse mosse da uno stupido ragazzino ad un alto prelato?"
Un potere talmente più forte che ti fa sentire perdente in partenza. Non c'è confronto, non c'è storia. Si sa che i potenti hanno sempre ragione.
E quindi si è sempre preferito non vedere e non sapere in nome di un fantomatico quieto vivere, e una parvenza di ordine sociale che esiste solo a parole.
Ma non solo nelle chiese, ma soprattutto nelle case e nelle scuole e nelle famiglie.
Si tace sacrificando l'innocenza e l'equilibrio psicofisico dei bambini.
Per anni disperati in silenzio con una vita bloccata, deviata, distorta, dalle violenze subite.
Dott. A. Paliotti
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Sondaggio: Hai mai subito abusi sessuali da bambino?
Ultima modifica di Dott. A. Paliotti il Mer 26 Mag 2010, 11:27 - modificato 2 volte.
Contrastare pedofilia e abusi sessuali
Di violenza sessuale, perpetuata dall'adulto su bambini e adolescenti, non se ne parla mai abbastanza, non si agisce mai abbastanza, non vi sono abbastanza programmi scolastici, né tanto meno televisivi, che possano insegnare ai bambini come difendersi da certi adulti e a certi adulti come imparare, ad essere finalmente un “homo sapiens” nel vero significato del termine.
L'homo sapiens è colui in grado di valutare, con il giusto discernimento, le conseguenze dei propri comportamenti su di sé e sugli altri; colui che, in tal contesto, riesce a riconoscere e a bloccare sul nascere, una propria, inaccettabile, pulsione istintiva e si pone domande sulle motivazioni di tali pulsioni cercando di porvi rimedio anche con un aiuto specialistico.
Ma il discorso si allarga e diventa sociale.
Perché se la pedofilia e gli abusi sugli adolescenti sono sempre esistiti, non sono mai esistiti programmi idonei di recupero psico-emotivo degli abusati e di cura per colui che abusa. Né tanto meno si è mai proposta una corretta informazione in merito, per cui ognuno resta con delle idee confuse sull'argomento e ben pochi conoscono la differenza che corre tra un pedofilo e colui che abusa sessualmente dei minori.
Ma soprattutto non viene insegnato come riconoscere il limite del lecito di un proprio istinto.
Molti tra coloro che abusano sessualmente di bambini e adolescenti non hanno consapevolezza del grave danno che compiono ai ragazzi e a se stessi. Anzi il più delle volte sono addirittura convinti di fare loro un bene, di dare loro attenzione e/o piacere!
Perché? Perché non se ne parla abbastanza.
Ed ecco che quando ci si accorge di vivere in una società che se non riesce a valutare la portata delle conseguenze dei propri comportamenti allora diviene necessario che lo si insegni
Solo nella consapevolezza dei propri limiti e di una logica morale vi può esservi libertà e indipendenza.
(continua)
Dott. A. Paliotti
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Sondaggio: Hai mai subito abusi sessuali da bambino?
Ultima modifica di Dott. A. Paliotti il Mer 26 Mag 2010, 10:14 - modificato 1 volta.
Una storia di violenza
Era una giovane donna, sposata giovanissima e madre di due ragazzi adolescenti. Mi colpì per la rigidità della sua postura riflessa nel comportamento.
Benché avesse apparentemente tutto per poter vivere serenamente, mostrava un malessere esistenziale e una maschera di tristezza e rabbia scolpita sul viso che la facevano più vecchia di quello che era.
Non me lo disse subito, ma dopo tre incontri.
Aveva circa dieci o dodici anni quando la madre la lasciò con un tale per andare a prendere il fratellino piccolo a scuola. Un tempo che le sembrò interminabile durante il quale fu oggetto di carezze sempre più intime. Tanto intime che sanguinò.
Di corsa tornò a casa piangendo e tra i singhiozzi confidò tutto alla madre che in malo modo la zittì:
"Zitta, zitta, mica lo vorrai dire a tuo padre!"
E mentre insisteva, piangendo, la madre le impose.
"Non ne parlare mai più!"
Perché di ciò che non si parla non esiste. Così come sente di non esiste chi non ha ascolto.
Quella bambina ha subito una doppia violenza: ha dovuto precocemente ingoiare la ferita psicofisica della violenza subita e nello stesso tempo si è sentita negare dalla propria madre.
Da quel giorno si è chiusa nel suo mondo con la convizione che occorre difendersi da tutto. Da tutti.
Benché avesse apparentemente tutto per poter vivere serenamente, mostrava un malessere esistenziale e una maschera di tristezza e rabbia scolpita sul viso che la facevano più vecchia di quello che era.
Non me lo disse subito, ma dopo tre incontri.
Aveva circa dieci o dodici anni quando la madre la lasciò con un tale per andare a prendere il fratellino piccolo a scuola. Un tempo che le sembrò interminabile durante il quale fu oggetto di carezze sempre più intime. Tanto intime che sanguinò.
Di corsa tornò a casa piangendo e tra i singhiozzi confidò tutto alla madre che in malo modo la zittì:
"Zitta, zitta, mica lo vorrai dire a tuo padre!"
E mentre insisteva, piangendo, la madre le impose.
"Non ne parlare mai più!"
Perché di ciò che non si parla non esiste. Così come sente di non esiste chi non ha ascolto.
Quella bambina ha subito una doppia violenza: ha dovuto precocemente ingoiare la ferita psicofisica della violenza subita e nello stesso tempo si è sentita negare dalla propria madre.
Da quel giorno si è chiusa nel suo mondo con la convizione che occorre difendersi da tutto. Da tutti.
Ma perché la madre non ha reagito? Perché ha preferito tacere? Come poteva una madre accettare una violenza sulla propria figlia?
(continua)
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