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Quei giovani "sfigati"...
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Quei giovani "sfigati"...
Se un viceministro della repubblica definisce "sfigati" i giovani che non si sono laureati entro i 28 anni...
... il primo pensiero è: ma che vuol dire "sfigato"? cosa intendeva il ministro con questo termine?
Si riferiva a un fannullone senza voglia di studiare, o a un ragazzo un po' sfortunato che non è riuscito ad inserirsi nel mondo universitario?
Se ce l'aveva con i fannulloni, figli di papà o meno, parcheggiati per anni all'Università che non hanno il senso del proprio dovere ok... concordo ad attribuire loro una condotta negativa. (n.b. si può valutare una condotta, ma mai stigmatizzare una persona con una denominazione negativa)
Loro però non si sentono affatto "sfigati". Con la macchina e i soldi di papà inseguono il divertimento facile e chi glielo fa fare di chiudersi in casa a studiare?
Ma non sanno che il tempo trascorre inclemente e alla soglia dei trent'anni li attende un confronto ben più duro di qualsiasi altro esame: il confronto con se stessi.
Alla fine purtroppo si puniranno da soli.
Ma se il nostro viceministro si riferisce a quei ragazzi che non riescono a stare al passo con gli altri e a sostenere gli esami nel tempo giusto, sia per una difficoltà di apprendimento, sia per problematiche emotive o per una serie di difficili circostanze indipendenti dalla propria volontà... beh... non è assolutamente accettabile che a una problematica personale se ne aggiungano ancora altre derivate da una superficiale e ironica stigmatizzazione.
Pur essendo convinta che un ragazzo maggiorenne che decide di studiare, abbia il dovere di impegnare tutte le proprie energie per farlo al meglio e nel più breve tempo possibile, so anche che vi possono essere mile motivi per cui un ragazzo sosta per lungo tempo all'Università e non è assolutamente possibile generalizzare.
Esistono storie drammatiche che non vengono facilmente raccontate. Esistono delle solitudini infinite nascoste dietro sguardi persi e toni insicuri. Esistono problematiche familiari che vanno al di là di qualsiasi immaginazione e si ripercuotono inesorabilmente sulla stabilità emotiva dei giovani.
Spesso insicuri e demotivati, tanti ragazzi restano bloccati per anni senza riuscire a scorgere quale futuro li attende. Senza la possibilità di nessun aiuto.
Ma soprattutto non è assolutamente accettabile che un viceministro della repubblica, partendo evidentemente dalla propria felice esperienza universitaria, magari, non lo so ma lo immagino, forte di una stabilità familiare, attribuisca così superficialmente una connotazione negativa a un'ampia fascia di persone. Evidentemente non sa che non siamo tutti uguali.
Per fortuna.
A.P.... il primo pensiero è: ma che vuol dire "sfigato"? cosa intendeva il ministro con questo termine?
Si riferiva a un fannullone senza voglia di studiare, o a un ragazzo un po' sfortunato che non è riuscito ad inserirsi nel mondo universitario?
Se ce l'aveva con i fannulloni, figli di papà o meno, parcheggiati per anni all'Università che non hanno il senso del proprio dovere ok... concordo ad attribuire loro una condotta negativa. (n.b. si può valutare una condotta, ma mai stigmatizzare una persona con una denominazione negativa)
Loro però non si sentono affatto "sfigati". Con la macchina e i soldi di papà inseguono il divertimento facile e chi glielo fa fare di chiudersi in casa a studiare?
Ma non sanno che il tempo trascorre inclemente e alla soglia dei trent'anni li attende un confronto ben più duro di qualsiasi altro esame: il confronto con se stessi.
Alla fine purtroppo si puniranno da soli.
Ma se il nostro viceministro si riferisce a quei ragazzi che non riescono a stare al passo con gli altri e a sostenere gli esami nel tempo giusto, sia per una difficoltà di apprendimento, sia per problematiche emotive o per una serie di difficili circostanze indipendenti dalla propria volontà... beh... non è assolutamente accettabile che a una problematica personale se ne aggiungano ancora altre derivate da una superficiale e ironica stigmatizzazione.
Pur essendo convinta che un ragazzo maggiorenne che decide di studiare, abbia il dovere di impegnare tutte le proprie energie per farlo al meglio e nel più breve tempo possibile, so anche che vi possono essere mile motivi per cui un ragazzo sosta per lungo tempo all'Università e non è assolutamente possibile generalizzare.
Esistono storie drammatiche che non vengono facilmente raccontate. Esistono delle solitudini infinite nascoste dietro sguardi persi e toni insicuri. Esistono problematiche familiari che vanno al di là di qualsiasi immaginazione e si ripercuotono inesorabilmente sulla stabilità emotiva dei giovani.
Spesso insicuri e demotivati, tanti ragazzi restano bloccati per anni senza riuscire a scorgere quale futuro li attende. Senza la possibilità di nessun aiuto.
Ma soprattutto non è assolutamente accettabile che un viceministro della repubblica, partendo evidentemente dalla propria felice esperienza universitaria, magari, non lo so ma lo immagino, forte di una stabilità familiare, attribuisca così superficialmente una connotazione negativa a un'ampia fascia di persone. Evidentemente non sa che non siamo tutti uguali.
Per fortuna.
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